Intelligenza Artificiale e Professioni Tecniche: l’Uomo resta al centro della trasformazione

Intelligenza Artificiale e Professioni Tecniche: l’Uomo resta al centro della trasformazione

di Ing. Francesco Foti, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Reggio Calabria
e Ing. Luciano Genovese, Consigliere dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Reggio Calabria
 

L’intelligenza artificiale non è più una promessa del futuro, ma una realtà che sta modificando in profondità il modo in cui progettiamo, costruiamo, pianifichiamo e perfino pensiamo. Le sue applicazioni si estendono ormai a tutti i campi del sapere tecnico e scientifico, offrendo strumenti di straordinaria potenza ma anche interrogativi inediti sul piano della responsabilità e dell’etica professionale.

Con l’entrata in vigore della Legge 132/2025, il legislatore italiano ha compiuto un passo importante nel regolare l’uso dell’intelligenza artificiale nelle professioni intellettuali, stabilendo un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: la tecnologia può assistere il professionista, ma non può sostituirlo. L’attività intellettuale, con il suo carico di discernimento, esperienza e sensibilità umana, resta il cuore di ogni prestazione d’opera.

In questo senso, l’ingegnere, così come l’architetto o il geologo, non abdica alla propria autonomia, ma la rafforza, utilizzando l’AI come strumento di supporto e non come surrogato del pensiero tecnico. L’intelligenza artificiale può infatti velocizzare i processi di analisi, ampliare la capacità di simulazione, migliorare la precisione dei modelli previsionali, ma la responsabilità delle decisioni rimane saldamente in capo all’essere umano.

---

Una nuova alleanza tra intelligenza e coscienza

L’innovazione, se priva di consapevolezza, rischia di generare distorsioni. È per questo che la nuova normativa insiste sulla trasparenza: ogni professionista che utilizzi sistemi di intelligenza artificiale deve informare il proprio cliente in modo chiaro, comprensibile e completo. Non si tratta di un adempimento burocratico, ma di un atto di lealtà e di rispetto che riafferma il fondamento fiduciario del rapporto tra tecnico e committente.

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, con la Circolare n. 343/2025, ha tradotto questa esigenza in una forma operativa, fornendo modelli di dichiarazione e prime linee guida. Il messaggio è chiaro: la tecnologia può potenziare la professione, ma deve essere sempre governata, mai subita. L’ingegnere rimane il garante della correttezza tecnica, della sicurezza e della veridicità dei risultati.

---

Responsabilità e deontologia nell’era digitale

L’intelligenza artificiale pone domande nuove anche sul piano deontologico. Come ricordato dal Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione (C3I), la mancata informazione sull’uso dell’AI o un impiego improprio della stessa può determinare conseguenze disciplinari, civili e perfino penali. La responsabilità non si trasferisce alla macchina, perché nessun algoritmo può sostituire la capacità di giudizio, l’etica e l’esperienza del professionista.

È per questo che il CNI si prepara ad aggiornare il Codice Deontologico degli Ingegneri, introducendo norme specifiche sull’uso consapevole dell’AI e sulla necessità che ogni attività tecnologica sia sempre accompagnata da un controllo umano effettivo e da un’intenzione etica chiara. Il futuro dell’ingegneria, dunque, non è un futuro disumanizzato, ma un orizzonte in cui la competenza tecnica e la responsabilità morale tornano a essere elementi indissolubili.

---

Etica e nuova competenza professionale

L’Ing. Gennaro Annunziata, Presidente dell’Ordine di Napoli e Coordinatore del C3I, ha sottolineato come l’intelligenza artificiale non sia una tecnologia neutra, ma un insieme di strumenti capaci di incidere profondamente sulla società, influenzando decisioni economiche, amministrative e perfino giuridiche. Per questo gli ingegneri — come tutti i professionisti tecnici — sono chiamati a esercitare un ruolo di guida, sviluppando una nuova forma di “competenza etica”, capace di orientare il progresso senza esserne travolti.

In un’epoca in cui le applicazioni dell’AI si moltiplicano in ogni settore, dalla progettazione delle infrastrutture alla gestione dei dati, la vera sfida non è tecnologica ma culturale: costruire un modello di conoscenza che mantenga l’uomo al centro del sistema delle decisioni.

---

Università e formazione: il sapere tecnico ed economico nell’epoca dell’intelligenza artificiale

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale interpella in modo diretto anche il mondo accademico. Le università sono oggi il luogo dove si forma il capitale umano chiamato a governare la trasformazione digitale, e la loro capacità di adattarsi determinerà la qualità stessa delle professioni di domani.

L’Università Mediterranea di Reggio Calabria rappresenta, in questo contesto, un punto di riferimento privilegiato. Accanto ai Dipartimenti di Ingegneria, impegnati nello sviluppo di percorsi formativi orientati alle nuove tecnologie, l’Ateneo può contare sul Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane (DiGiES), che riunisce competenze giuridiche, economiche e sociali indispensabili per comprendere e regolare l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società e sul lavoro.

L’AI, infatti, non è solo un tema tecnico: riguarda il diritto dei dati, la tutela della privacy, la responsabilità giuridica delle decisioni automatizzate, ma anche l’economia delle piattaforme digitali, la finanza dell’innovazione e le politiche pubbliche per la transizione tecnologica. In questa prospettiva, la sinergia tra formazione tecnica, economica e giuridica diventa essenziale.

L’Università Mediterranea può e deve essere il laboratorio di questa convergenza, promuovendo corsi e progetti comuni che integrino competenze ingegneristiche, economiche e normative, in un dialogo costante con gli Ordini professionali e con il tessuto produttivo del territorio. Solo così la formazione universitaria potrà realmente preparare professionisti capaci non solo di usare le nuove tecnologie, ma di comprenderne i limiti, i rischi e le implicazioni etiche e sociali.

---

Governare la trasformazione

L’AI Act europeo e la recente normativa italiana convergono su un punto: la fiducia. Una fiducia che nasce dalla trasparenza, dalla sicurezza dei sistemi e dal rispetto dei diritti fondamentali. In questo equilibrio tra innovazione e regole si gioca il futuro del nostro modo di intendere la tecnica: non come potere, ma come servizio.

L’ingegnere del futuro non sarà un semplice utilizzatore di strumenti digitali, ma un interprete consapevole del cambiamento, capace di coniugare la precisione dei dati con la sensibilità del giudizio umano. La tecnologia potrà sostenerlo, ma non potrà mai sostituire l’intuizione, la responsabilità e l’etica che contraddistinguono il vero professionista.

---

L’uomo al centro della rivoluzione digitale

L’intelligenza artificiale segna un nuovo capitolo nella storia dell’ingegneria. Ma, come ogni progresso, chiede una visione. Serve una cultura tecnica che non si limiti a usare la tecnologia, ma la interroghi, la comprenda e la orienti al bene comune.

Se il futuro sarà davvero governato dall’intelligenza, allora sarà compito delle professioni tecniche far sì che resti, prima di tutto, intelligenza umana: capace di discernere, di valutare, di scegliere. È in questa prospettiva che gli ingegneri — insieme al mondo accademico e alle istituzioni — sono chiamati non solo a innovare, ma a guidare la società nella più grande trasformazione del nostro tempo.